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Archive for the ‘bioetica & fine vita’ Category

Testamento biologico: dove va l’Italia?

In bioetica & fine vita on May 4, 2011 at 2:18 pm

Il cosiddetto “fine vita” riguarda temi particolarmente sensibili per molte persone affette da malattie degenerative, oltreché, naturalmente, fondamentali per tutti i Cittadini. Crediamo infatti che al diritto di essere informati sull’andamento del dibattito sociale e soprattutto di quello parlamentare, nessuno dovrebbe rinunciare, per poter poi assumere e difendere in piena e libera coscienza la posizione in cui meglio si riconosce. Read the rest of this entry »

Perché ci fa paura parlare della morte?

In bioetica & fine vita on April 23, 2011 at 12:17 pm

Viviamo in una società che si rifiuta ostinatamente di affrontare il tema della morte e che ha impostato la propria organizzazione fingendo che non esista o che, quanto meno, abbia a che fare il meno possibile con la vita.
Una delle diverse e spesso sciagurate conseguenze di questa scelta radicale è che a molte persone – o per lo meno a troppe – càpita di morire sole in luoghi che non hanno niente a che fare con la loro intimità, come le stanze degli ospedali. Read the rest of this entry »

Ti racconto la mia storia

In bioetica & fine vita on February 4, 2011 at 5:22 pm

In questi anni gli organi d’informazione hanno spesso affrontato il tema del fine vita nelle malattie degenerative soprattutto in riferimento al dibattito bioetico, parlando ad esempio di testamento biologicoeutanasia rapporto tra libertà personale e norma dello Stato nello stabilire il momento della morte quando, per l’introduzione di macchinari e cure invasive, la sua evidenza naturale non è più un limite chiaro. Read the rest of this entry »

La Magistratura e la legge 40 sulla Procreazione Assistita

In bioetica & fine vita on April 21, 2010 at 6:26 pm

Negli ultimi mesi, di fronte al ricorso giudiziario di due coppie – l’una portatrice di distrofia muscolare di Duchenne e l’altra di amiotrofia spinale di tipo 1 (SMA 1) – la Magistratura ha acconsentito alla diagnosi preimpianto, nonostante si trattasse di coppie fertili e pur non essendo questo possibile secondo la Legge 40/04 sulla Procreazione Medicalmente Assistita (PMA).

Diagnosi preimpianto
Si tratta di un metodo di analisi dell’embrione generato in vitro prima dell’impianto nell’utero materno. Come la diagnosi prenatale in gravidanza, essa indaga l’eventuale presenza di malattie genetiche o di alterazioni cromosomiche, ma, a differenza di quest’ultima – sempre legale – è ammessa solo per le coppie sterili e per quelle dove l’uomo è portatore del virus HIV o di quelli delle epatiti B e C. Tale ammissibilità è stata sancita nel 2008 tramite le Linee Guida applicative della Legge 40. Quest’ultima – va ricordato – disciplina la Procreazione Medicalmente Assistita, definendone significato e applicazione, vale a dire quegli atti medico-chirurgici che favoriscono «la soluzione dei problemi riproduttivi derivanti dalla sterilità o dall’infertilità umana» non rimuovibili altrimenti. Essa stabilisce quindi le modalità in cui può essere attuata nel nostro Paese.
Si tratta di una legge controversa e contestata prima ancora della sua approvazione, della quale, nel 2005, un referendum tentò di abrogarne alcuni aspetti sostanziali, senza però raggiungere il quorum.

La Corte Costituzionale
Le citate decisioni dei due giudici ordinari di ammettere la diagnosi preimpianto per altrettante coppie non sterilisi basa su un’imprescindibile decisione della Corte Costituzionale, l’organo giudiziario che valuta la conformità delle leggi alla Costituzione, abolendone le parti che la contravvengono. Infatti, nessuna norma in Italia può contraddire i contenuti e i princìpi della Costituzione stessa. (continua in http://www.superando.it/content/view/5758/112/)

Nessuna prima pagina per questa notizia

In bioetica & fine vita on June 25, 2009 at 4:45 pm

Il caso di Eluana Englaro – donna in coma vegetativo per diciassette anni a seguito di un incidente stradale – ha fatto molto parlare di sé tra la fine del 2008 e l’inizio del 2009, a partire da quando la Corte di Cassazione, il 13 novembre del 2008, aveva alla fine autorizzato il padre Beppino a procedere alla sospensione dell’idratazione e dell’alimentazione artificiali nei confronti della figlia (se ne legga, nel nostro sito, cliccandoqui). Il Governo italiano aveva a quel punto tentato di bloccare l’esecuzione della procedura (se ne legga cliccando qui).
Durante quei mesi, gruppi e singoli si erano schierati animatamente dalla parte di Beppino Englaro o da quella del Governo come in una sorta di “match sportivo” (Emilio Pozzi, presidente dell’Ordine dei Medici bergamasco, ha parlato in tal senso di «toni violenti e aggressivi, non raggiunti nemmeno dalle tifoserie del calcio più estremo»).
Il dibattito pubblico era stato sostenuto anche dagli organi d’informazione in modo apparso spesso strumentale, esacerbando le contrapposizioni e favorendone i toni violenti. In quei mesi si era parlato, come di una priorità urgente, anche di una legge sul testamento biologico, un istituto ad oggi non regolamentato in Italia e all’epoca in discussione in Parlamento. (continua in http://www.superando.it/content/view/4683/112/)

Ministero della salute, un atto di indirizzo che pesa

In bioetica & fine vita on December 23, 2008 at 9:35 am

Rivolgendosi ai presidenti delle Regioni e delle Province Autonome di Trento e Bolzano, martedì 16 dicembre il ministro del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali Maurizio Sacconi ha firmato un atto di indirizzo a proposito dell’idratazione e della nutrizione negli stati vegetativi permanenti, che dichiara l’illegalità di un atto di sospensione degli stessi quando effettuato da strutture pubbliche e private del Servizio Sanitario Nazionale. In tal senso il ministro sostiene la disposizione facendo riferimento a un parere del Comitato Nazionale di Bioetica, a uno di un Gruppo di Lavoro interno al suo Dicastero e alla Convenzione ONU sui diritti delle Persone con Disabilità.

Il Comitato Nazionale di Bioetica è un organo istituzionale privo di potere legislativo, che ha la funzione di «orientare gli strumenti legislativi e amministrativi volti a definire i criteri da utilizzare nella pratica medica e biologica per tutelare i diritti umani e evitare gli abusi». Il parere cui l’atto del ministro fa riferimento è datato 30 settembre 2005(se ne può leggere il testo integrale cliccando qui).
In esso si dichiara che il sostentamento ordinario di base è un atto dovuto eticamente, deontologicamente e giuridicamente, in quanto indispensabile per garantire le condizioni fisiologiche di base per vivere e deve continuare finché il corpo è in grado di assimilarlo o si verifica uno stato di intolleranza clinicamente rilevabile collegato all’alimentazione.
Ancora, il documento del ministro cita il parere del Comitato anche nel punto in cui lo stesso individua il problema bioetico centrale relativo alle persone in stato vegetativo permanente nel loro essere dipendenti dagli altri per quanto riguarda le esigenze fondamentali della vita (acquaciboriscaldamentopulizia movimento) e ritiene che quando queste esigenze vengono corrisposte, dette persone possono sopravvivere anche per anni e non possono quindi essere sempre considerate “malati terminali”. (continua in http://www.superando.it/content/view/3953/112/)

 

Eluana, la Cassazione conferma

In bioetica & fine vita on November 21, 2008 at 3:44 pm

Giovedì 13 novembre 2008 la Corte di Cassazione ha accolto la richiesta diBeppino Englaro, padre di Eluana, donna in stato vegetativo permanente dal 1992 quando, all’età di ventun’anni, era rimasta vittima di un incidente.
Beppino si è rivolto alla Giustizia per chiedere l’autorizzazione ad interrompere l’attività dei macchinari che tengono in vita il corpo in coma irreversibile della figlia, macchinari che da sedici anni le forniscono le sostanze nutrizionali e di idratazione.
La Cassazione conferma così la decisione già espressa dalla Corte d’Appello di Milano lo scorso 9 luglio, giudicando inammissibile il ricorso presentato dalla Procura di Milano e rendendo definitiva la risposta della Giustizia italiana a proposito della vicenda Englaro. Infatti, nel nostro ordinamento, il passaggio al terzo grado di giudizio, e cioè alla Cassazione, rende una sentenza definitiva e non più giuridicamente discutibile negli stessi termini.

Ricordiamo che in Italia ad oggi non esiste una legge che esplicitamente affronti i temi bioetici della fine della vita, dal testamento biologico (con cui un cittadino può indicare quali cure autorizza nel caso in cui non sarà più cosciente), all’accanimento terapeutico (in riferimento agli atti medici che prolungano la vita di un malato terminale senza prospettive di cura o miglioramento), all’eutanasia (interruzione della vita di un malato terminale attraverso un atto che gli procura la morte), al suicidio assisitito (eutanasia che il malato non si procura da sé ma che avviene tramite l’intervento di un’altra persona). (continua in http://www.superando.it/content/view/3834/112/)

L’ultima sentenza del caso Englaro

In bioetica & fine vita on July 22, 2008 at 11:59 am

Abbiamo già pubblicato alcune riflessioni scaturite dalla vicenda di Eluana Englaro, dopo la sentenza pronunciata nei giorni scorsi dalla Corte d’Appello di Milano, che consentirà al padre Beppino di staccare il sondino nasogastrico alla figlia la quale versa in stato vegetativo permanente dal 1992 (si leggano a questo proposito i testi intitolati Stati vegetativi e dignità di fine vita: subito una nuova Commissione Ministerialee Stiamo davvero facendo abbastanza?, disponibili cliccando rispettivamente quiqui).
Ora però facciamo un passo indietro e per consentire ai lettori di valutare ancor più in profondità la questione, proponiamo un piccolo quadro “storico” dell’intera vicenda.
Eluana Englaro aveva vent’anni quando subì l’incidente stradale che la lasciò in stato vegetativo permanente. Era il 1992. Da allora il suo corpo mantiene l’autonomia respiratoria, ma necessita di alimentazione e idratazione artificiali, ottenuti mediante l’applicazione di un sondino nasograstrico.
In questi anni il padre Beppino si è rivolto alla Giustizia Italiana per chiedere la sospensione dell’alimentazione artificiale, basandosi in particolare sul fatto che Eluana, poco tempo prima dell’incidente, a commento della vicenda di un amico in coma, aveva manifestato la volontà di non essere tenuta in vita qualora si fosse trovata in una situazione simile.
La richiesta, inquadrata dai ricorrenti come non eutanasica, ma di sospensione dell’accanimento terapeutico, fu respinta nel 1999 dal Tribunale di Milano. (continua in http://www.superando.it/content/view/3419/112/)

I trattamenti di fine vita

In bioetica & fine vita on November 29, 2007 at 12:18 pm

Con i progressi nel tempo della scienza medica, uno degli effetti principali è stato l’allungamento progressivo della vita mediadegli esseri umani e nei Paesi occidentali, dove il benessere economico è diffuso, è sempre più consistente la percentuale di cittadini anziani.
La tecnologia, inoltre, riesce oggi ad allungare anche l’aspettativa di vita dei malati terminali, grazie allo sviluppo di tecniche di rianimazione che hanno imposto persino la revisione delle precedenti prassi per l’accertamento della morte. Persone in coma in stato vegetativo persistente, pazienti senza ragionevoli speranze di miglioramento, persone private di funzioni vitali principali vengono tenute in vita grazie a terapie farmacologiche e tramite l’utilizzo di determinate apparecchiature.
Si tratta dunque di una situazione del tutto moderna, di fronte alla quale gli Stati si interrogano. È lecito tenere in vita una persona cosciente, che si trovi in una delle situazioni descritte, quando questa non lo voglia? E che fare poi con i pazienti privi di coscienza? La questione, sostanzialmente, ruota attorno al concetto di volontà e la domanda fondamentale è: chi ne è titolare? Il paziente? Il medico? I familiari? Lo Stato?
Se fino a non molto tempo fa vigeva il cosiddetto modello “paternalistico” secondo cui il medico era considerato l’unico ad avere le conoscenze necessarie per prendere decisioni riguardo la salute altrui, oggi è largamente condiviso, anche a livello legislativo, quello del consenso informato del paziente, per cui lo specialista deve mettere a disposizione di quest’ultimo le proprie conoscenze in modo che costui possa, infine, decidere per la propria salute.
In questo nuovo inquadramento, la volontà del malato terminale acquista una rilevanza che acuisce i termini del dibattito.
Il dibattito italiano
In Italia, il dibattito politico e pubblico sui trattamenti di fine vita si è sviluppato soprattutto nel 2006 attorno alle richieste di Piergiorgio Welby che scrisse al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, invocando l’apertura di un dialogo parlamentare sulla legalizzazione dell’eutanasia. (continua in http://www.superando.it/content/view/2570/112/)

Cittadinanza e Piergiorgio Welby

In bioetica & fine vita on December 20, 2006 at 1:00 pm

«Già nel 1995 Cittadinanzattiva-Tribunale per i Diritti del Malato, assieme a 40 associazioni nazionali di malati e di cittadini, che sottoscrissero la Carta dei 14 Diritti del Malato, rivendicava per i malati il diritto alla decisione e il diritto al futuro, anche se questo poteva corrispondere a poche ore da vivere con dignità e serenità».
Lo si legge in una nota ufficiale del movimento Cittadinanzattiva che intende con tale testo esprimere la propria posizione sulla richiesta di Piergiorgio Welby di porre fine alla propria vita – dipendente da una serie di apparecchiature mediche – vicenda che ha avuto inizio nel mese di settembre con una lettera dello stesso Welby al presidente della Repubblica e che tanto sta facendo discutere da molte settimane.
«Per questo – continua la nota di CittadinanzAttiva – condividiamo la “pretesa” di Welby di decidere che cosa fare della propria vita, non delegando tale decisione alle macchine e alla tecnologia».

Particolarmente significativo il successivo passaggio, in cui si affronta il tema dell’eutanasia, andando al di là del caso specifico. «Sostenere Welby non significa mettersi dalla parte di chi vuole l’eutanasia per Legge, perché di eutanasia non si tratta. La nostra organizzazione non si è fatta promotrice di proposte in tal senso, non avendole discusse democraticamente al suo interno. Si è però sempre battuta per avere in Italia la possibilità di utilizzare il testamento biologico, che consentirebbe di evitare, per chi lo desideri, forme di accanimento terapeutico, come quello che si sta perpetrando sulla vita di Welby». (continua in http://www.superando.it/content/view/1656/112/)