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Rolando Toro, addio al maestro della Biodanza

In percorsi di ricerca interiore on March 7, 2010 at 3:16 pm

La prima cosa che colpisce della morte di Rolando Toro è il sentimento di gioia. Se ci avviciniamo a questa figura profetica si capisce anche il perché. Quando una vita è stata così ricca, così vissuta pienamente, lasciando una traccia indelebile di sé nel mondo, la dipartita all’età di 85 anni non può che avere il sapore della celebrazione per chi resta. Rolando Toro è nato in Cile nel 1924 ed è morto, sempre in Cile, il 16 febbraio scorso. Durante il quasi secolo della sua vita, come si diceva, ha vissuto molto. Ne ha viste molte, a partire dalla dittatura di Pinochet da cui è fuggito, e ne ha fatte molte, a partire dall’elaborazione di un metodo originale chiamato “Sistema biodanza”. Antropologo e psicologo, alla fine degli anni 60 lavorava con i pazienti psichiatrici mentre fiorivano i tentativi di “umanizzare” la medicina. Qualcuno sperimentava lo psicodramma, qualcun altro la musicoterapia, lui si era messo in testa di far ballare i pazienti. La prima volta propose loro musiche dolci, tranquillizzanti, ma la notte alcuni ebbero crisi anche allucinatorie. Allora, nel secondo tentativo, scelse canzoni euforizzanti. Il risultato fu diverso: aumentavano la vitalità e il senso di realtà.

Da queste  prime osservazioni e da studi successivi Toro sviluppò un sistema che, attraverso l’abbinamento di musiche selezionate (in apertura rivitalizzanti e poi più intime) con movimenti specifici, mira all’armonizzazione dell’essere umano. Mira cioè a sviluppare la parte sana delle persone in un processo di integrazione personale ma anche sociale. Sociale perché il Sistema biodanza è un sistema fortemente interattivo. Nessuno fa biodanza da solo. Bisogna incontrare gli altri e il canale privilegiato dell’incontro è quello dell’affettività. Perché gli studi e le osservazioni di Toro lo portarono a notare che il disagio, sia esistenziale che clinico, spesso si riconduce alla carenza e alla distorsione affettiva.

Ora Rolando se n’è andato, ma solo dopo aver diffuso in molte parti del mondo il suo metodo i cui sviluppi clinici continuano a essere importanti, tanto che sta tuttora crescendo la collaborazione con le istituzioni sanitarie. Oggi in Italia si fa biodanza negli ospedali e nelle cliniche, nelle case protette e nei centri di recupero e riabilitazione. Si lavora con la tossicodipendenza, con i disturbi alimentari, con le disabilità motorie, intellettive, psichiche, sensoriali, relazionali. L’attività, detta di “riabilitazione esistenziale”, viene proposta ai pazienti ma ci sono corsi anche per gli operatori visto che la proposta, fuori dall’ambito clinico, è valida per tutti. (pubblicato nel settimanale VitaNonProfit Magazine del 5 marzo 2010)